Si tratta della compressione del nervo tibiale posteriore a livello del tunnel tarsale mediale. Tale struttura anatomica è un canale osteofibroso, che è formato dal malleolo tibiale mediale, da calcagno ed astragalo e dal legamento deltoideo e retinacolo dei flessori. La sindrome si instaura per una alterazione del rapporto contenuto contenente in questo passaggio. Esiste una forma idiopatica della patologia ed una secondaria alla presenza di neoformazioni occupanti spazio.
Può essere conseguenza di fratture o lussazioni di caviglia con conseguenti irregolarità ossee e/o calcificazioni e fibrosi perineurali, oppure di traumi distorsivi di caviglia, con ispessimento o retrazione cicatriziale delle strutture legamentose o fasciali. Può essere correlata alla presenza di anomalie funzionali statiche e dismorfismi del piede, tipo varismo calcaneare e piede piatto acquisito, oppure ad anomalie vascolari della zona come pseudoaneurismi della arteria tibiale o varicosità venose. Va inoltre ricordata la possibile correlazione con patologie infiammatorie dei tendini flessore lungo dell’alluce e delle dita e l’associazione con artrite reumatoidea e connettivopatie.
Per ciò che concerne le forme secondarie possono dipendere da varie neoformazioni sottocutanee a crescita loco-regionale, in particolare gli schwannomi, lipomi, cisti tenosinoviali ed ossee.
La clinica è caratterizzata da algoparestesie alla caviglia ed alla pianta del piede lato mediale, esacerbata dalla stazione eretta e dalla marcia, con eventuale deficit della flessione della falange basale delle dita per interessamento dei muscoli interossei e dell’abduzione del primo e quinto dito per deficit degli abduttori. In fase avanzata si instaura inoltre un quadro di ipoanidrosi plantare con turbe trofiche associate. Il segno di Tinel è vivamente positivo alla percussione sul tunnel tarsale.
La diagnosi differenziale va posta con le sofferenze radicolari L5-S1, con malattie neurologiche, vasculopatie periferiche e con il neuroma di Morton. Per la diagnostica si utilizzano la EMG, le radiografie, il podobarogramma, la ecografia ed eventualmente la RMN.
Si tratta spesso di una sindrome compressiva sotto diagnosticata e trattata non correttamente come ben descritto nel lavoro di Hirose del 2004.
La terapia medica consta di farmaci neurotrofici e FANS, associata ad utilizzo di cure fisiche locali ed ortesi. Nei casi refrattari a tale tentativo terapeutico e nei casi con patologia secondaria scatenante il trattamento è unicamente chirurgico e consta dell’asportazione del fattore scatenante e nella neurolisi esterna del nervo.
I risultati nelle maggiori casistiche mondiali evidenziano la presenza di un tasso di risultati scarsi nel 10-15 % dei casi operati circa.