Detta anche sindrome dell’ulnare al gomito o sindrome della doccia cubitale.
E’ stata la prima patologia cronica di un nervo periferico descritta in letteratura scientifica, nella fattispecie da Panas nel 1878 che ne descrisse tre casi di origine postraumatica.
La particolare vulnerabilità anatomica del nervo ulnare al gomito rende ragione della frequenza di questa patologia e della varietà delle cause compressive possibili.
Il nervo ulnare origina dalle radici C8-T1 passa nel plesso brachiale, esce dall’ascella e percorre il lato mediale del braccio fino al gomito.
Il nervo ulnare è compresso a livello del canale epitrocleo-oleocranico per cause diverse e differenti, principalmente la compressione da parte di strutture legamentose come il legamento di Osborne ed il residuo persistente di muscolo epitrocleo-anconeo, ma anche traumatismi diretti o microtraumi ripetuti e frequenti; inoltre vi può essere la compressione del nervo ulnare a livello dell’arcata del flessore ulnare del carpo da fibrosi perineurali reattive con ipertrofia dell’aponevrosi del flessore ulnare del carpo, ricordiamo infine tra le varie eziologie anche la sublussazione ricorrente del nervo ulnare in tale punto durante i movimenti di flesso-estensione del gomito e le osteoartriti del gomito, le forme reumatiche, ed il gomito valgo.
Esistono inoltre delle forme di compressione del nervo ulnare ad origine idiopatica, qualora non vi siano delle cause apparenti ed evidenti.
Clinicamente distinguiamo due fasi della malattia, la sensitiva e la paralitica.
Nella prima fase la sintomatologia e dominata da parestesie nel territorio d’innervazione dell’ulnare alla mano, al quinto dito e metà ulnare del quarto, con ipoestesia termo-dolorifica e tattile ingravescente.
Tale quadro si aggrava poi con insorgenza di dolore in sede periepitrocleare e nel territorio d’innervazione dell’ulnare, riduzione della forza di presa della mano e deficit di forza soprattutto della muscolatura intrinseca della mano, Tinel positivo a livello del canale cubitale, diminuzione della presa pollice indice e segno di Froment positivo.
Si giunge quindi alla fase paralitica con aggravamento delle turbe motorie ed insorgenza di turbe trofiche, come l’amiotrofia del primo spazio interosseo e l’ipotrofia dei muscoli ipotenari ed interossei, del terzo e quarto lombricale, nonché aggravamento delle turbe sensoriali sino ad un quadro di vera e propria anestesia termo-dolorifica e tattile nel territorio di competenza sensoriale dell’ulnare.
In fase avanzata il danno della componente motoria porta anche ad un deficit dell’adduzione del pollice, del flessore ulnare del carpo e del flessore profondo del quarto e quinto dito, compare quindi il cosiddetto atteggiamento della mano ad artiglio, con quarto e quinto dito con la prima falange iperestesa e le altre flesse, secondo e terzo dito con la prima falange estesa e le altre semiflesse, pollice con la seconda falange semiflessa ed atrofia dei muscoli ipotenari.
Per la diagnosi, oltre al quadro clinico, si può eseguire la manovra cubitale che è caratterizzata dalla comparsa di dolore e parestesie nel territorio d’innervazione dell’ulnare alla flessione forzata del gomito, inoltre indispensabili risultano l’elettromiografia e l’elettroneurografia, anche per fare la diagnosi differenziale con compressioni alte come la sindrome dell’outlet toracico e con sindromi basse come la sindrome del canale di Guyon.
Utile inoltre per la diagnosi differenziale con irritazioni o compressioni da patologia rachidea delle radici C8-T1, la radiografia della colonna cervicale ed eventualmente la TC, e per la diagnosi differenziale con le epitrocleoalgie la radiografia del gomito ed in casi selezionati l’ecografia articolare.
Dal punto di vista terapeutico nelle fasi iniziali la terapia può essere solo medica consistente in riduzione o sospensione temporanea delle attività manuali, terapie fisiche locali come ionoforesi ed ultrasuoni, terapia medica locale con cortisonici o salicilati oppure terapia medica sistemica con FANS ed eventuale uso di ortesi.
Nelle fasi avanzate la terapia chirurgica s’impone, le tecniche utilizzate sono varie ma tutte hanno l’obiettivo comune di liberare il nervo dai tre fattori meccanici che portano alla sindrome irritativa e che sono la compressione, l’attrito e lo stiramento.
La principale metodica chirurgica da noi utilizzata è la neurolisi esterna del nervo nel canale cubitale previa sezione dell’arcata del flessore ulnare del carpo e del legamento epitrocleo-oleocranico di Osborne, la neurolisi può limitarsi ad una liberazione dalle aderenze nel punto di maggiore compressione oppure può essere fatta anche un’epinevriotomia longitudinale del nervo in tutta la sua lunghezza od ancora una neurolisi interna intrafascicolare, solo in casi selezionati.
La semplice neurolisi esterna, già descritta da Osborne nel 1957, è a nostro avviso un intervento valido, sicuro e rapido, inoltre il nervo viene unicamente decompresso nel punto o nei punti di maggiore compressione ma rimanendo nella sua sede naturale non viene privato del suo apporto vascolare, e quindi la sua vascolarizzazione è salvaguardata.
Noi effettuiamo la neurolisi esterna attraverso un’incisione chirurgica minima a livello del gomito, che però ci permette un’ottima visione del campo operatorio e del nervo in tutta la sua lunghezza garantedoci così la possibilità di aprire completamente il tetto del canale cubitale e di effettuare la lisi esterna del nervo, a nostro avviso le tecniche endoscopiche anche in questo caso, non hanno grande utilità, non offrono risultati migliori e sono sempre gravate da costi superiori e difficoltà e lunghi periodi di apprendimento nell’utilizzo, nonché maggior frequenza di recidive.
In casi di recidiva, oppure in casi di franco valgismo di gomito o di salienze postraumatiche nella doccia epitrocleo-oleocranica o di sublussazioni ricorrenti del nervo da anomalia anatomica, si può effettuare la trasposizione anteriore del nervo.
La prima descrizione di tale intervento è da attribuire a Curtis che la descrisse nel 1898, egli però trasponeva il nervo nel tessuto sottocutaneo, viceversa la tecnica che viene utilizzata attualmente è quella descritta da Learmonth nel 1942 che prevede la trasposizione del nervo ulnare in un tunnel muscolare.